Nome della vittima: nessuno

Negli ultimi tempi accade anche qui da noi, ma in Russia è un evento che, purtroppo, si verifica da tempo, e spesso. Sto parlando del racket degli alloggi, un crimine subdolo ed inumano che colpisce soprattutto gli anziani soli ed inermi.

La storia che sta dietro il libro Nome della vittima: nessuno è proprio questa: la triste scomparsa di quei vecchi che hanno la sola colpa di essere proprietari di una casa.

Alexandra Marinina racconta questa vicenda in maniera impeccabile, mettendo in risalto la sofferenza che queste povere persone sono costrette a subire.

Gli anziani hanno solo un’ancora di salvezza: trovare qualcuno che si occupi di loro, provvedendo alle necessità quotidiane (spesa, pulizia, riordino della casa), prima che qualcun altro trovi loro…

Spesso la ricompensa per queste “perpetue salvavita” è il trasferimento di proprietà alla loro dipartita. A volte, anche attraverso documenti falsi. In Russia, esiste addirittura una vera e propria organizzazione criminale che si occupa esclusivamente di questi “affari” – con infiltrazioni anche nella Polizia – e gestisce il traffico degli alloggi con l’obiettivo di accaparrarsene per poi rivenderli ad un buon prezzo.

La protagonista del thriller scritto da Alexandra Marinina è Tatjana Obrazcova, un giudice istruttore di Pietroburgo che decide di trasferirsi a Mosca, dove vive il marito. Tale decisione le comporta, però, il doversi occupare di alcuni casi irrisolti e difficili.

Tra questi, c’è la vicenda di Sofja, un’anziana proprietaria di un appartamento uccisa da Serghej, ventenne con precedenti di droga. Serghej è un senzatetto, poco intelligente ed ingenuo che, per puro caso, si ritrova a vivere con Sofja.

I patti sono chiari: lui si occupa dell’anziana signora e lei gli concede vitto e alloggio. Sofja è una donna di grande cultura. Ha vissuto in esilio per vent’anni in Siberia durante lo stalinismo. Serghej, dapprima diffidente, si affeziona a lei ed ai suoi racconti. Tanto che la donna diventa il suo unico punto di riferimento. Ma un giorno, ecco il misfatto: Sofja viene uccisa e Serghej arrestato per omicidio. Nel frattempo Anastasija, un ispettore di Polizia, deve occuparsi della morte di due coniugi, trovati morti nella loro abitazione. L’indiziato è il loro unico figlio.

I due casi sembrano collegati da un filo sottile, quasi invisibile. Un filo di parentela e morte…

Personalmente, non l’ho trovato un romanzo eccezionale. L’ambientazione è gradevole e la scrittura scorre bene, ma l’intreccio narrativo stenta a decollare. Le prime pagine sono piatte e l’incipit non cattura il lettore come dovrebbe.

Tutt’altro discorso per le idee contenute nel libro: ottime. I dialoghi, le situazioni, le casualità: ben fatte e degne di una grande scrittrice come Alexandra Marinina. Il finale, forse un po’ scontato, sembra essere stato scritto di getto. Tanto che nasce in testa al lettore la solita frase: “…e finisce così?!”.

Nel complesso è un thriller che merita la sufficienza, soprattutto per la tensione che, spesso, si fa sentire. Nome della vittima: nessuno, pubblicato per la prima volta nel 1996, è adatto per esempio in spiaggia, dove la lettura non deve essere impegnativa. E per gli amanti dei gialli a sfondo giuridico. Nota positiva per il prezzo che, nella versione Mini Pocket di Piemme, è di soli 4,90 euro. Vi lascio con la quarta di copertina

La vita non è mai stata generosa con Sofja. Dopo aver perso il marito, fucilato perchè dichairato “nemico del popolo”, ha trascorso vent’anni in un lager in Siberia. Al suo ritorno a San Pietroburgo, il figlio è stato ucciso in un regolamento di conti. Ora, la sua morte per omicidio ha il sapore di un epilogo scontato. Non per Tatjana Tomilina, giudice istruttore e famosa scrittrice. Lei diffida delle soluzioni ovvie. Le sue indagini la metteranno sulla strada di un’altra investigatrice allergica ai casi facili, la Kamenskaja, alle prese con un duplice omicidio. E mentre le due donne continuano a raccogliere indizi, si accorgono di dover chiudere il caso a ogni costo, prima che ne vada della loro stessa vita. E il quadro che si delinea è ben più complesso di quanto si poteva immaginare…”.